La fondazione ha avviato i primi test per integrare un servizio VPN direttamente all’interno di Firefox, rendendolo accessibile con un click, senza costi aggiuntivi e senza dover installare estensioni di terze parti. Una mossa che, almeno in superficie, sembra rispondere a una domanda crescente di privacy e sicurezza nella navigazione quotidiana. Ma come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli.
L’annuncio arriva in un momento in cui il dibattito sulla sorveglianza digitale e sull’anonimato in rete è più acceso che mai, soprattutto dopo l’entrata in vigore del Online Safety Act nel Regno Unito, che impone verifiche dell’età per l’accesso a determinate piattaforme. In quel contesto, l’interesse verso le VPN ha registrato un’impennata, anche se Ofcom, l’autorità di regolamentazione britannica, ha già iniziato a sollecitare le piattaforme a contrastare attivamente l’uso di tali strumenti per eludere i controlli.
La funzionalità, attualmente in fase di testing per le versioni desktop di Firefox, si presenta come un pulsante posizionato accanto alla barra degli indirizzi. Una volta attivata, il traffico dell’utente viene instradato attraverso i server di Mozilla, che ne maschera l’IP originale e applica una cifratura end-to-end. Tuttavia, a differenza di servizi VPN commerciali come lo stesso Mozilla VPN o ExpressVPN, qui non ci sarà la possibilità di scegliere la località del server. Il sistema selezionerà automaticamente il nodo più vicino, ottimizzando la velocità ma di fatto vanificando uno degli usi più comuni delle VPN: l’accesso a contenuti geolimitati.
Questa scelta non è casuale. Mozilla sembra voler posizionare lo strumento non come un mezzo per aggirare restrizioni geografiche, ma come una protezione base per la privacy, soprattutto su reti pubbliche o non affidabili. In un certo senso, è un ritorno all’essenza del VPN: sicurezza, non sovversione.
Dal punto di vista tecnico, l’implementazione sembra solida. Il traffico passa attraverso l’infrastruttura di Mozilla, che garantisce di non conservare log delle attività di navigazione. I dati tecnici raccolti – come l’esito della connessione o il volume di dati trasferiti – vengono mantenuti per un massimo di tre mesi e in forma anonima, utilizzati esclusivamente per ottimizzare le prestazioni del servizio. Per attivarlo, però, sarà necessario un account Mozilla, un piccolo prezzo da pagare per un servizio altrimenti gratuito.
Chi non volesse partecipare alla sperimentazione può disattivare la funzione tramite un prompt o rimuovere manualmente l’iconca dalla toolbar. Niente di irreversibile, insomma.
La domanda che sorge spontanea è: perché regalare un servizio che altri vendono? La risposta potrebbe risiedere nella strategia più ampia di Mozilla di differenziare Firefox in un mercato dei browser sempre più saturo e dominato da Chromium. Offrire strumenti integrati per la privacy – come già fa con la protezione antitracciamento – rafforza il posizionamento di Firefox come alternativa consapevole e orientata alla sicurezza.
C’è però un altro aspetto, più sottile. Con le normative come quelle britanniche che spingono verso un internet più segmentato e controllato, una VPN integrata e “digeribile” potrebbe essere vista come un compromesso accettabile: dà all’utente un senso di protezione, senza però aprire del tutto la porta all’anonimato assoluto. È un servizio VPN “responsabile”, potremmo dire.
Mozilla, da sempre in prima linea per i diritti digitali, cammina su un filo: da un lato, risponde a un’esigenza reale di privacy; dall’altro, non vuole trasformare Firefox in uno strumento di elusione di massa. La scelta di non permettere la selezione del server è significativa: è privacy sì, ma senza eccessi.
Se l’esperimento avrà successo, potrebbe innescare un effetto domino. Già oggi browser come Opera includono una VPN integrata, ma con limitazioni di banda. L’offerta di Mozilla, completamente gratuita e senza limiti apparenti, potrebbe alzare l’asticella.
Il vero banco di prova sarà la risposta degli utenti: accetteranno un servizio VPN “mild”, comodo ma con le briglie, o continueranno a preferire servizi terzi più flessibili e potenti? Una cosa è certa: la partita per la privacy nel browser si giocherà sempre più dentro il browser stesso. E Mozilla ha appena fatto la sua mossa.