Ha rubato per tre anni foto e video espliciti delle studentesse sue compagne di college, per diffonderle online, ridicolizzarle, creare imbarazzo e violenza personale nei loro confronti. Arriva la condanna
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha pubblicato, la settimana scorsa, un atto di accusa definitivo, per i fatti che vedevano coinvolto un 26enne e le sue operazioni di compromissione ai danni delle sue compagne di college.
Rubava, diffondeva e commercializzava materiale sessualmente esplicito
Michael P. Fish, 26 anni di Albany (città americana, capitale dello stato di New York), è stato condannato a scontare 9 anni di reclusione e pagare una sanzione pecuniaria, con l’accusa di aver violato i sistemi networking del college pubblico americano SUNY-Plattsburgh, al fine di poter compromettere gli account email delle sue compagne studentesse del college, quindi penetrare i device personali e rubarne contenuti privati eventualmente salvati all’interno.
Foto e video di nudo sono diventati, grazie a questa operazione di pubblico dominio, infatti Fish ne diffondeva i contenuti online, facendo anche i giusti riferimenti con i nominativi reali delle persone figuranti nel file media condiviso. Spesso utilizzava anche la foto di laurea, accanto alle immagini esplicite, per esporne l’identificazione.
Il danno è stato reputazionale per tutto l’istituto e gravemente personale per le vittime coinvolte che si vedevano lese nella loro vita più privata.
L’accusa si basa sui fatti accaduti tra il 2016 e il 2019 e hanno coinvolto più di 100 ragazze. Inoltre Fish già nel maggio 2020 si dichiarò il diretto responsabile colpevole.
Fish non ha agito da solo
In ogni caso Fish non era solo nell’operazione di hacking ai danni degli account personali delle studentesse. Questa operazione infatti, si evolveva anche nell’analisi (una volta compromessa la casella email) dei contenuti all’interno, al fine di carpirne gli accessi ai social network di ogni vittima, reimpostandone la relativa password.
Per mettere in piedi tutta l’operazione, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, ha accusato nell’agosto del 2021 anche un altro responsabile, Nicholas Faber 25 anni, di Rochester.
Il suo contributo sembra sia stato rilevante per la diffusione e la commercializzazione dei contenuti sessualmente espliciti delle studentesse vittime. La sua condanna è stata di 36 mesi di reclusione.
La lettera di referenze inventata
A dicembre del 2020, nel tentativo di ingannare il giudice che aveva in cura il suo caso, Fish ha inviato in tribunale una lettera, largamente manipolata, attribuita a uno dei massimi aiutanti della rappresentante americana Elise Stefanik.
L’obiettivo di questa lettera sarebbe stato quello di far cambiare idea di sé al giudice che doveva decidere la sorte di Fish, nella condanna definitiva. Un tentativo di far “indebolire” l’accusa, con una forte referenza che attestasse la sua buona condotta etica e professionale.
E’ infatti vero che Fish abbia preso parte come sostenitore, alla campagna elettorale di Stefanik nelle elezioni del 2016, ma va detto che è entrato in contatto con il loro gruppo distrettuale prima dei crimini. E’ anche vero che Jonathan Carman, un direttore distrettuale di Stefanik, ha inviato realmente una lettera a Fish, per via di quella loro collaborazione.
Il problema è che la lettera pervenuta in tribunale conteneva parte di quella lettera autentica, modificata nel contenuto successivo, a sostegno della successiva causa penale.
I contenuti falsificati esprimevano (ipotetiche parole di Carman e del suo ufficio) che “Mike Fish mi ha chiesto di fornire una lettera di raccomandazione a sostegno del suo passato e del suo carattere”, si leggeva, aggiungendo che il suo autore “ha avuto il privilegio di lavorare a stretto contatto con Mike”, riferendosi appunto alla campagna elettorale 2016.
“Conoscevo Mike per fama prima di incontrarlo. Essendo SUNY Plattsburgh la mia alma mater, avevamo amici e conoscenti in comune che parlavano sempre bene di lui”, afferma la lettera. “Quando mi sono seduto con Mike sono rimasto colpito da quanto fosse motivato a imparare e crescere come individuo”.
“Ho piena fiducia nel dire che Mike non è una minaccia per la società, ma qualcuno che ha commesso degli errori”, si legge in seguito in un passaggio sempre presumibilmente fraudolento. “Credo fermamente che l’impatto positivo di Mike sulla società finora serva come testimonianza dei suoi problemi, che erano una questione di isolamento e che ha il carattere, l’etica del lavoro e le capacità per rimanere un cittadino rispettoso della legge”.