L’ultimo, significativo campanello d’allarme proviene dalla Repubblica Ceca, dove il National Úřad pro kybernetickou a informační bezpečnost (NÚKIB) ha emesso un formale avviso di sicurezza nazionale che getta una luce cruda e dettagliata sui rischi sistemici associati al trasferimento di dati e alla gestione tecnica remota originata dalla Cina.
Pubblicato il 3 settembre 2025, il documento non è una semplice raccomandazione, ma un obbligo giuridico per tutte le “persone obbligate” secondo la legge nazionale sulla cybersecurity. Queste entità, che comprendono operatori di infrastrutture critiche e servizi essenziali, sono ora tenute a integrare questa specifica minaccia nelle loro analisi del rischio e a implementare contromisure adeguate. La minaccia è classificata come “Alta”, un termine che nel linguaggio del rischio si traduce in una probabilità che va da “probabile” a “molto probabile” di concretizzazione.
Ma cosa ha spinto l’agenzia ceca a un passo così netto? Il NÚKIB delinea una triade di fattori convergenti, dipingendo un quadro che va ben oltre il singolo malware o la vulnerabilità zero-day.
Il primo fattore è strutturale e inarrestabile: la proliferazione di soluzioni tecnologiche cinesi in settori critici. Non stiamo parlando solo di smartphone o gadget consumer, ma di componenti profondamente integrate nell’ossatura della nazione: sistemi di trasporto, reti energetiche, dispositivi medici, amministrazione pubblica e la miriade di dispositivi IoT che compongono il tessuto della smart city. Questi sistemi, sempre più dipendenti dal cloud e dalla connettività permanente per aggiornamenti e manutenzione remota, conferiscono ai loro fornitori un potere senza precedenti. Un fornitore può, potenzialmente, influenzare le operazioni di un intero ospedale, di una rete elettrica o del traffico ferroviario. La fiducia nella sua affidabilità, come sottolinea il NÚKIB, diventa quindi “assolutamente cruciale”. L’avviso menziona esplicitamente una gamma sconcertante di prodotti a rischio: dagli inverter per impianti fotovoltaici (FVE) e le smart meter alle telecamere IP, dai veicoli connessi (soprattutto elettrici) fino ai grandi modelli linguistici (LLM) e ai dispositivi personali avanzati.
Il secondo pilastro della motivazione del NÚKIB è cinetico e dimostrabile: l’evidenza di campagne offensive. L’ufficio cita l’attribuzione pubblica da parte del governo ceco dell’attacco al Ministero degli Affari Esteri da parte del gruppo APT31, legato al Ministero della Sicurezza di Stato cinese (MSS) e attivo almeno dal 2022. Questo non è un attore teorico, ma un’entità concreta che ha violato con successo i sistemi di un ministero chiave, dimostrando intento e capacità.
Il terzo, e forse più insidioso, elemento è giuridico-politico. Il NÚKIB richiama l’attenzione sull’ecosistema normativo cinese, in particolare sulla legge sulla sicurezza nazionale e sulla legge sull’intelligence, che forniscono al governo di Pechino gli strumenti legali per ottenere l’accesso ai dati detenuti da qualsiasi entità all’interno dei suoi confini. Inoltre, questo framework legale può essere utilizzato per costringere le aziende private, anche quelle con sede al di fuori della Cina ma con operazioni significative all’interno, a cooperare con le attività di intelligence. In sostanza, anche il fornitore più benintenzionato potrebbe non avere scelta se non obbedire a un ordine di Pechino.
L’avviso del NÚKIB è sofisticato nella sua natura. Non è un divieto assoluto, ma un imperativo alla diligenza rafforzata. Impone una valutazione del rischio matura e contestuale: qual è il reale pericolo per la mia organizzazione se i dati di questo sistema vengono processati in un data center cinese? Quali sono le implicazioni se l’amministratore di quel fornitore può accedere ai miei server da Shanghai? La risposta non è sempre “tagliare ogni collegamento”, ma è sempre “conoscere, valutare e mitigare”.
Per il cittadino comune, l’avviso non è vincolante, ma il NÚKIB lo invita comunque a una riflessione sulla propria hygene digitale, sollevando una questione di consapevolezza: con chi stiamo condividendo i nostri dati e attraverso quali dispositivi?
L’Europa si trova così di fronte a un caso di studio cruciale. L’avviso ceco, corredato da un dettagliato materiale metodologico, fornisce un framework analitico che altre nazioni potrebbero benissimo emulare. Non è una mossa isolata, ma si inserisce in un coro internazionale di allarme, come dimostrano le recenti collaborazioni del NÚKIB con la NSA e la CISA statunitensi per evidenziare le minacce di gruppi come Salt Typhoon.